DIARIO DI VIAGGIO
parole raccolte man mano
1/ la partenza, di Giulia Pes
(fotografia di Caterina Di Fant)
Sulla strada verso Preone, attraversando più volte il Tagliamento fino a ritrovarsi di nuovo sulla riva destra, la montagna si mostra ruvida e paziente, come una mano aperta segnata dai calli.
Una volta che si imbocca la strada per il paese si incrociano gli sguardi di chi scruta la vettura per riconoscerne il proprietario.
Un caffè alla Locanda Vittoria, il sorriso di chi ci lavora è il benvenuto in un mondo appartato e sottile, una rete invisibile di fili di storie, a tratti più fitta e a tratti più rada, là dove la memoria incespica.
Racconti Raccolti parte da qui, da visi sconosciuti che chiedono permesso e che si siedono vicino al fogolâr ad ascoltare, con incantata sorpresa.
Parte dall’incontro di occhi stranieri con chi questo paese lo ama e ha fatto un sogno: un sogno di case abitate e bambini, di storia e futuro, di lavoro e amore per la Valle.
In questi primi mesi dell’anno abbiamo potuto sentire il senso di Comunità che questo paese vive, sostenuto da un’Amministrazione attenta, da una Pro Loco attiva.
Abbiamo conosciuto la vitalità delle persone che lo abitano, il loro legame forte con la tradizione ma anche la loro vita nel mondo fuori dalla valle, i viaggi e il lavoro, le famiglie che crescono.
Abbiamo parlato con i giovani, cresciuti come alberi forti su un pendio, con radici profonde.
Abbiamo incontrato gli anziani, abbiamo ascoltato le loro storie, le loro voci fatte a volte piccole dalla timidezza e dal tempo che passa.
Siamo qui per voi, vorremmo dire, siamo qui con le nostre storie dal mondo là fuori, le vogliamo barattare con le voci del mondo qui dentro, noi che come voi siamo nipoti, figli e madri e padri, noi che come voi intrecciamo i fili del passato con quelli dei sogni del futuro.
Noi prendiamo in mano un seme per piantarlo nella terra a cui appartiene… e poi ci penserà il tempo.
2/ letture al caffè, di Lucia Linda
(fotografia di Claudio Cescutti)
Domenica, alle dieci del mattino: se entri in locanda trovi le donne del paese, si incontrano qui per due chiacchiere e un caffè, uno spazio ritagliato alle faccende quotidiane, per condividere pensieri e preoccupazioni, aneddoti e novità di Preone.
Per conoscere queste signore e farci conoscere, abbiamo proposto una pausa caffè un po’ diversa, una volta al mese: letture ad alta voce, per ogni appuntamento un tema diverso, pretesto per il dialogo e il confronto.
Così abbiamo avviato questo percorso in dieci tappe, all’inizio percependo l’imbarazzo per una modalità nuova e insolita di stare insieme, ma da subito comunque bene accolti, con curiosità e attenzione.
Anche la chiacchierata condivisa, momento più significativo della mattinata, ha richiesto tempo per diventare più spontanea e aperta, nel corso dei mesi abbiamo cercato di variare la formula per favorire la partecipazione attiva, trovando gli argomenti di maggiore interesse, inserendo alcuni momenti musicali dal vivo, cambiando luogo di incontro, per avere più comodità e silenzio.
I temi di maggior interesse hanno riguardato la natura e il paesaggio, il bosco e gli animali: abbiamo proposto testi del territorio, ma anche di autori e paesi esotici, per riflettere, per esempio, sulle affinità delle piccole comunità montane nelle diverse culture, o sulle abitudini mantenute e perse nel corso delle epoche.
Abbiamo proposto testi molto differenti tra loro: estratti da romanzi, racconti, poesie, testi di canzoni, drammaturgie, corrispondenze epistolari, di autori italiani e stranieri, rendendo disponibile una selezione di libri per ogni appuntamento, bibliografia per ricordare tutti i temi affrontati, dai diversi punti di vista.
Dalla locanda ci siamo spostati poi al centro di aggregazione per alcuni incontri, e anche all’aperto nella bella stagione… tante variabili, con la costante del caffè, a scandire momenti leggeri e divertiti, alcuni più raccolti e riflessivi, attraverso i quali abbiamo potuto scoprire molti aneddoti paesani, storie familiari intime e toccanti, eventi straordinari che tutti ricordano, ma che ognuno ha vissuto in modo diverso, a seconda dell’età e dello stato d’animo.
Ci si rispecchia nelle storie degli altri e il racconto di ognuno permette una visione più ampia e ricca della storia complessiva… al prossimo caffè!
3/ incontri di una domenica mattina d’estate, di Annamaria Lo Monaco
(fotografia di Claudio Cescutti)
Domenica 3 luglio sono salita a Preone al mattino; in programma l’incontro di letture a voce, oggi all’aperto. Per la prima volta ho visto il parco frequentato, allegro e vivace, a differenza di quell’aria di inutilità e abbandono che ha nelle stagioni fredde. Ci siamo radunati sotto la quercia, un piccolo gruppo attorno a un tavolo di libri, caffè, biscotti, piacere.
E qui hanno avuto inizio gli incontri della giornata.
Ho incontrato Amelio che si chiede cos’hanno i poeti più di noi uomini comuni per riuscire a pensare la complessità del vivere. E darsi pena di scriverne profusamente. Lui guarda il cielo, dice. Innumerevoli volte l’ha guardato nella sua vita, e anche ora alzando la testa pensa a un missile, ad esempio, all’uomo nello spazio, ad altre vite nel cosmo. Non è mica un poeta, lui, no, dice.
Ho incontrato Dea che ha la magrezza consumata di tanti anni per tutta quanta la famiglia, e due occhi di cielo che scintilla quando parla del marito: si entusiasmava per la poesia della natura e a lei leggeva versi per mostrarle così tanta bellezza. Ci parla radiosa di una fotografia in particolare, emblematica di quella speciale gioia bambina in un uomo come lui: in piedi e raggiante, immerso fino al collo in un gran mucchio di foglie, doni abbondanti, scrocchianti e irresistibili delle stagioni che passano col loro strascico di felicità, dice. Spero un giorno di vederla, quella foto di Nevio che parla così tanto di Dea.
Poi Gioia. Gioia non parla tanto. Sembra che le parole, molte parole, le si stiano raccogliendo da anni dentro il corpo, ora adolescente, per slanciarsi appena possibile nel pieno della vita. Anche i suoi occhi rispecchiano il cielo di Preone e fra le immancabili nuvole bianche, una è fatta di domande fitte: chissà se avesse fatto scelte diverse, un’altra scuola, altri compagni, chissà… chissà…
Ho incontrato Toni i cui tratti scuri e aspri si presentano come il lato ombra di questi cieli femminili: autodeterminazione a costo dell’isolamento, “scelgo per me senza ascoltare nessuno”, dice, “e quando sbaglio, lo devo solo a me stesso!”. La moglie lo guarda muta, ma con gli stessi occhi infuocati. È un attimo: tutti li vediamo lì davanti a noi, così vicini e così irraggiungibili. Chissà in quale spazio si sono lanciati. Anche Isa e Rezio fanno coppia: lei minuta, lui il suo doppio; lei grata fino alla commozione nell’ascoltare i lettori ad alta voce, lui loquace, pronto a tenere il timone della razionalità fino all’ultimo atomo. Indimenticabili.
Le letture mescolano voci, sguardi, slanci; il caffè è diventato spritz col sambuco e la mattina ora di pranzo. Qualcosa di sacro ci rimane attorno mentre ci incamminiamo via.
4/ Sentiero Naut, di Valentina Rivelli
(fotografia di Claudio Cescutti)
La prima volta che ho percorso questo sentiero c’era stata la pioggia da poco, poi il cielo si era improvvisamente schiarito e allora via, si può andare. In montagna succede così: nel giro di pochi minuti il cielo si sgombra, la luce cambia, la temperatura diventa più mite. E le possibilità si aprono.
Prima vedo una strada larga, si può percorrere anche in automobile, e vedo delle tracce sull’erba: chi è passato? Quanto tempo fa? Dove stava andando?
Sono sola. Ma forse potrei incontrare qualcuno?
C’è pace qui, nessun rumore, solo fruscii e gocce qua e là.
In pace. Non penso a quello che devo fare, penso che sono qui, e cammino, calma ma forte. L’erba mi pizzica le caviglie, schivo i punti in cui c’è ancora molta acqua, cerco le piccole zolle più asciutte.
Una piccola deviazione e d’improvviso lo sguardo si apre: vedo il vuoto appena sotto e una grande e ampissima strada di sassi. È il greto del fiume, che scorre snello in due o tre rivoli che luccicano sotto ai raggi del sole. Mi sembra tutto così grande, adesso, l’orizzonte va oltre, sopra i sassi, oltre la montagna, più avanti nel tempo…
E poi mi ritrovo in un paesaggio ancora diverso. Mi inerpico su per la collina. Con energia.
Non serve andare lontano per immergersi nel folto del bosco. Il bosco è qui, vicino a me, mi chiama. Le fronde sopra di me mi chiudono la vista, mi sorvegliano, mi proteggono.
Il sentiero mi porta di nuovo all’aperto, un prato verde e rigoglioso. Mi piace qui, ma voglio anche tornare a casa. Penso a stasera, a quando sarò di nuovo in città a guardare dalla finestra altre case e automobili e persone. Là sarà tutto più piccolo e comodo, qui invece è grande e posso andare a passi lunghi, a balzi e corse. Libera.
Mi viene in mente una poesia di Byron, una delle sue più belle, in cui esprime uno struggente desiderio di solitudine e di pace, e trova la quiete solamente nel rapporto silenzioso e profondo con la Natura:
Vi è un incanto nei boschi senza sentiero.
Vi è un’estasi sulla spiaggia solitaria.
Vi è un asilo dove nessun importuno penetra
in riva alle acque del mare profondo,
e vi è un’armonia nel frangersi delle onde.
Non amo meno gli uomini, ma più la natura
e in questi miei colloqui con lei io mi libero
da tutto quello che sono e da quello che ero prima,
per confondermi con l’universo
e sento ciò che non so esprimere
e che pure non so del tutto nascondere.
Vi è un incanto nei boschi senza sentiero, sì, ma anche nei piccoli sentieri che ti conducono inaspettatamente nel bosco.
5/ Ritagli di storie, di Serena Giacchetta
(fotografia di Claudio Cescutti)
«E pinfete pùnfete, e pinfete pùnfete!»
Si parte la mattina presto. È freddo, gennaio si fa sentire.
Per strada c’è la neve e i miei ricordi corrono veloci nella testa a quando ero bambina.
Non sono mai stata a Preone, ma la strada la conosco bene: da bambina l’ho fatta tante volte durante l’estate e quindi mi sento in luogo familiare.
«I soi sul prin scjalìn.a
I soi sul secont scjalìn.
I soi sul tierç scjalìn.»
Con me quella mattina, ho una busta piena di striscioline di carta pazientemente scelte e ritagliate da un libro di storie.
Le striscioline di carta verranno mescolate e distribuite agli abitanti del paese.
«Spietimi spietimi, cuâc, spietimi spietimi»
Contengono frammenti tratti dal libro delle storie popolari di Preone, raccolte da Enza Sina, che raccontano di volpi dispettose, di schiuma di latte, di orchi, di strani personaggi fantastici, di cornacchie.
«Era cussì buina chè panna, pos crodi, fan, miseria, àn cjossolât.»
Tutte le volte che sono ritornata a Preone, ho sentito raccontare che di notte questi animali (e forse anche i personaggi delle storie) si fanno vedere.
La volpe dispettosa, ad esempio, ogni tanto ruba una ciabatta dalla soglia di casa.
Credo che nel buio le favole prendano vita ancora oggi.
«Bidin, vino di là a nôlas vuei?»
Ho iniziato d’inverno, portando le storie dentro a una busta, e ho finito d’estate mettendole nei miei disegni.
Li trovate là, nel bosco (lungo il Sentiero Naut), dentro alle casette costruite da Cristiano.